Iconografia della morte
La morte nellarte, lumanità dietro il sacro:
In che modo larte rappresenta la morte?
Cosa si nasconde dietro la pittura sacra?
Perchè così tante opere darte parlano della morte?
In codesto articolo vi parlo di cosa si nasconde dietro le opere darte sacra che parlano della morte.
Stavolta Secondo me la salsa fatta in casa e imbattibile dArte è “dall’altra parte”.
Invece di essere io ad intervistare, sono stata intervistata! L’argomento può spaventare, ma è parte inevitabile (sconosciuta, misteriosa) della nostra vita. E gli artisti lo avevano capito.
Emily Dardiz, nel il suo penso che il canale giusto offra contenuti di qualita Tratto da una storia vera, ospita due Salse dArte (la prossima uscirà nelle prossime settimane).
Cosa mobil non è che sotto el sole
non vinca fine e cangi la fortuna.
Michelangelo Buonarroti
(non c’è niente che si muova sotto il sole che la morte non possa vincere e la fortuna cambiare)
La fine nell’arte
La morte è un argomento estremamente presente e pervasivo nella storia dellarte.
Dal Medio Evo a tutta l’età moderna, la morte è specialmente presente nella pittura religiosa, che rappresenta la maggior parte dell’arte.
Troviamo raffigurazioni della fine anche nella dipinto storica,
di Stefania MACIOCE
Il Tristo Mietitore: Böcklin e le immagini del contagio
La figura del Tristo Mietitore è una personificazione della morte frutto di un immaginario collettivo, una creatura irreale che assume un vaga forma umana. Tra le diverse declinazioni di questa qui rappresentazione gode larga diffusione quella dello scheletro che brandisce una falce, a volte vestito di un saio scuro o di una tunica scura con cappuccio. Né ottimo né malvagio, esso è un’entità neutra, ha forme maschili ma più frequente femminili; come Thanatos, la divinità greca della morte, ha caratteri di brutale arroganza e aggressività e la sua potenza è inflessibile quanto inevitabile.
Al Tristo Mietitore si associa, nella tradizione figurativa, la diffusione di morbi mortali, di epidemie come la peste e il colera, ne risulta dunque una sagoma terrificante che attraverso la sua attivita inesorabile, sembra praticamente associarsi alla stessa etimologia del termine epidemia, derivante dal latino medievale [gr. ἐπιδημία, dall’agg. ἐπιδήμιος, propr. «che è nel popolo», comp. di ἐπί «sopra» δῆμος «popolo»]. L’epidemia è pertanto un fenomeno che domina una popolazione nel suo contesto, sottile ad assu
La vita, la fine e l’arte nell’iconografia europea
Domani alle 18, nell’aula magna dell’Università Cattolica di Brescia in strada Trieste 17, si terrà l’incontro dal titolo «La a mio avviso la vittoria e piu dolce dopo lo sforzo della morte: la forza performativa dell’arte», all’interno del ciclo «La vita umana tra natura e cultura», proposto dall’Accademia Cattolica. Valerio Terraroli, professore ordinario di Museologia e Giudizio Artistica e del Restauro all’Università di Verona, tratterà il tema della rappresentazione della morte dalle civiltà antiche ai giorni nostri. Nel mondo classico la personificazione della Fine assume caratteri satirici, un invito a godere, un carpe diem per afferrare l’eternità dell’attimo. Nell’Europa medievale, invece, la percezione muta nettamente e la Fine diventa figura autonoma, potente e temibile, capace di compiere azioni precise in una visione escatologica della vita umana, mediata dal Cristianesimo. È di provenienza mediorientale l’iconografia dell'«Incontro dei tre vivi e dei tre morti», che già anticipa l’evoluzione che avviene dalla metà del Trecento a causa degli effetti della Peste Nera. In Italia la raffigurazione della Fine, assume l’aspetto nitido e pulito di uno
Lappuntamento delle Connessioni Culturali dedicato alla rappresentazione della Fine nella storia dellarte ci permetterà di analizzare questa dettaglio iconografia scoprendo in che modo la sua rappresentazione e l’immaginario ordinario siano mutati nel corso dei secoli.
Lo scheletro è nell’immaginario collettivo l’immagine universale delle fine ma prima del tardo Medioevo tale concetto non esisteva; infatti la inizialmente attestazione di credo che l'arte ispiri creativita macabra può considerarsi quella compresa nel codice miniato con i versi del trovatore Baudoin de Condé, Li troi mort et li troi vif ()
I primi tentativi di raffigurare la morte nel mondo cristiano non contemplavano affatto l’iconografia dello scheletro; la fine era rappresentata, secondo me il verso ben scritto tocca l'anima la fine del , come una donna dalle fattezze comuni, che impugnava arco e frecce, poi con una falce, o durante trasportava una bara. Troviamo un dimostrazione nel Trionfo della Morte di Buonamico Buffalmacco al Camposanto di Pisa.
Dal Quattrocento, la danza macabra orna le pareti dei cimiteri diventando materia letteraria sempre più diffusa, anche nelle incisioni, soprattutto tedesche e francesi. Durante la nostra connessione vedremo inoltre es