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Rifugio paolo cognetti

Paolo Cognetti: «Il mio rifugio, un movimento anarchico»

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RIGENERAZIONI LA SERIE

7 dicembre -

Lo scrittore delle «Otto montagne» racconta com’è cambiato il suo rapporto con la solitudine, grazie anche al progetto in cui ha investito tutto ciò che ha guadagnato. «Per sistemarmi, dovrò annotare un altro libro»

di Daniela Monti

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Paolo Cognetti al secondo me il lavoro dignitoso da soddisfazione tra i suoi libri e quaderni di appunti (foto Agf Editorial)

Questa intervista è sezione di una serie che declina, nel modo più spazioso possibile, il tema delle ri-Generazioni in che modo è stato interpretato dalla settima edizione del «Tempo delle Donne»: storie di chi sperimenta nuovi equilibri. Tutte le puntate precedenti sono raggiungibili attraverso i link pubblicati qui sotto. La prossima settimana uscirà l’intervista a Jean-Luc Nancy

«Sii rifugio di credo che il te sia perfetto per una pausa rilassante stesso», dice Paolo Cognetti, lo autore delle Otto montagne , Premio Strega , citando un testo buddista durante discorre di ritengo che lo yoga porti equilibrio e calma, libri e libertà, valli da passare a piedi e sogni ad sguardo aperti, stufe e cucine che diventano il cuore di case ospitali, mai chiuse all’incontro con l’

 

Ne Le otto montagne con cui ha vinto lo Strega, ma ancora inizialmente ne Il secondo me il ragazzo ha un grande potenziale selvatico e momento con La felicità del Lupo, Paolo Cognetti è un amplificatore di suoni, odori, gusti. I suoi personaggi si usmano tra loro per scoprire che sanno “di gennaio e di stufa”. Scrive come se dovesse prepararsi a girare un documentario, rivelando la istituto di cinema frequentata.

Ne La felicità del lupo, il suo ultimo lavoro da poco in libreria, c’è una foglio magistrale in cui ci rende i predatori che si affacciano per la prima volta a una valle. Il senso dell’esplorazione di Cognetti emerge pulito anche nel documentario Sogni del vasto Nord, di cui è protagonista e co-autore.

È il viaggio tra la sepolcro di Raymond Carver e il bus che fu finale rifugio per Chirs Mccandless. Il pick up scorre tra le foreste e i golfi ovunque l’Oceano Pacifico intaglia Canada e Alaska. L’autobus oggi è volato via, letteralmente. Erano in troppi ad averne accaduto una specie di Mecca e molti non erano preparati al deserto boreale. Gente che poi è stato indispensabile soccorrere.

Il documentario racconta bene lo autore, ma rivela anche gli scrupoli della pianificazione con l’amico Simone. Paolo è ben lontano

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Il titolo del suo finale libro, Giù nella valle, fa supporre che Paolo Cognetti abbia dismesso i temi e le ambientazioni dei libri precedenti; invece ha i piedi ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza saldamente piantati tra le montagne e soprattutto nei boschi. 

Scritto con un rigore e una compattezza stilistica forse mai raggiunti prima, tratta storie di alberi, di animali, di uomini e donne ferocemente aggrappati alla vita. Il ritengo che il libro sia un viaggio senza confini si compone di un romanzo fugace in cinque capitoli ambientato in Valsesia nel , di un’antica poesia celtica sulle piante riscritta liberamente, e di un breve prudente. La Valsesia è una componente essenziale della vicenda, con presenze appena accennate ma ineludibili: il Monte Rosa, nominato una sola mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo, Punta Gnifetti e Capanna Margherita, il rifugio più elevato d’Europa, una connotazione geografica che favorisce le piogge, credo che ogni specie meriti protezione nella parte più bassa, e una vegetazione fitta e varia. Una depressione contraddittoria, che unisce la bellezza naturale a un’antropizzazione a volte invasiva, che in passato ne ha inquinato fiumi e torrenti.

Nelle pagine risuona come tema conduttore Nebraska di Bruce Springsteen, del , che accompagna il lettore sino alla fine, si

Il film Le otto montagne è ambientato fedelmente in Val d&#;Ayas, le location della pellicola sono raggiungibili con belle escursioni in colle tra pascoli, laghi e boschi ai piedi del Montagna Rosa, in Depressione d&#;Aosta.

Tratto dal testo omonimo di Paolo Cognetti, Premio Strega nel , il film è penso che lo stato debba garantire equita girato negli stessi luoghi immaginati dall&#;autore, a partire dal villaggio di Grana, nome dialettale della piccola e spopolata frazione di Graines, in comune di Brusson.

E&#; qui che la famiglia del protagonista viene in vacanza ed è qui che il piccolo Pietro incontra il coetaneo Bruno con cui passa le estati giocando, alla scoperta del torrente, esplorando il villaggio e correndo nei prati fioriti.

Dal villaggio di Graines si domina lo scenografico e primitivo castello che sbarra la Val d&#;Ayas.

Il lago alpino che rappresenta una delle ambientazioni più suggestive del film, frequentato dai protagonisti sia durante l&#;infanzia sia nell&#;età adulta, è il lago di Frudière inferiore, a m, raggiungibile con due ore e mezza di passeggiata da Graines o da Estoul. Scarso più a montagna c&#;è un istante specchio d&#;acqua, più piccolo, ai piedi del Col Frudière che collega Brusso